Varanasi (Meo Fusciuni, 2020)
Meo e un gruppo di amici fanno un viaggio in India. Anzi, un Viaggio. Di quelli che ti cambiano la vita. Che riposizionano le priorità e ti costringono a cercare significati oltre le parole. Al ritorno, Meo compone Varanasi, la tappa finale di un percorso che lo ha portato a toccare corde interiori molto profonde.
Le note animali e i semi d'ambretta spiccano su tutte le altre: calore, conforto della pelle, odore di umanità. Caldo, sporco, carico di tutte le umane grandezze e debolezze.
Poi le spezie, che non hanno nulla di gastronomico, ma suggeriscono un Altrove che è dentro ognuno di noi.
Poi l'incenso e i fiori: rosa e gelsomino. Lo yin e lo yang, notte e giorno, vita e morte.
Per me è fin troppo emozionante per riuscire a portarlo così, tra autobus, palestra ed ufficio. Richiede silenzio, presenza, richiede di essere ascoltato. E ha ragione: l'uomo che torna a casa non è mai lo stesso che ha iniziato il Viaggio.
Commenti
La tua descrizione mi ha fatto venire subito in mente Borneo 1834 di Lutens, un capolavoro ostico ma che incanta. Sentirò Varanasi appena lo trovo, ma nel frattempo ti chiedo affinità e divergenze tra i due: vanno nella stessa direzione? Sono totalmente diversi ma comunicano la stessa idea?