L'Olfattorio ha aperto a Firenze!


Siccome nella cartella stampa informativa della manifestazione (“Pitti Fragranze”) c’era anche l’invito per il nuovo Olfattorio appena inaugurato a Firenze, ci sono andata. Anzi ci siamo andati, mio marito e io. Si trova in una via molto elegante del centro, e ci si arriva tramite un piccolo passaggio con dei gradini in marmo; entri in un salone circolare e la prima cosa che fai è quella di dare un’occhiata generale: qui tutto tende al minimal, con colori chiari ed un ambiente raccolto, molto sobrio e raffinato, l’unico oggetto strabiliante è il bancone al centro della stanza, costituito da una bellissima lastra di marmo dorato con striature rosse, illuminata dal di dentro.
I ragazzi, Dario e Michele, sono davvero competentissimi e completamente innamorati del loro lavoro; ci hanno dedicato più di mezz’ora raccontandoci cose interessanti sui profumi che sceglievamo di provare. Il sistema del Bar à Parfums è lo stesso che c’è a Torino: spruzzi la fragranza in un cono di cartoncino, ci scrivi sopra cos’è e poi lo inserisci in un stelo di plastica. Il risultato è una flute di carta, che puoi annusare e “degustare” con calma, esattamente come se fosse un buon bianco di Gavi. Prima di uscire togli il cartoncino dallo stello, lo pieghi e te lo porti dietro. Se, arrivato a casa, hai avuto l’accortezza di mettere il cartoncino in un cassetto o in una borsa, ti ci ritroverai dentro un profumo piacevolissimo per almeno una-due settimane.
All’Olfattorio abbiamo rifatto il giro dei Parfums de Rosine e dei Different Company, dove io ho sbavato per il Gelsomino, e mio marito per l’Osmanto, che sono finiti dritti dritti nella wishlist. Poi i ragazzi ci hanno lasciato da soli a girare e annusare liberamente. Mi sembrava di essere a Mirabilandia, non riuscivo a smettere di sorridere.
Prima ho fatto la conoscenza di Heliotrope Blanc di Piver (un po’ troppo dolce per me), e poi ho portato mio marito ad incontrare per la prima volta le fragranze dell’Artisan Parfumeur. Abbiamo provato Passage d’Enfer, che con il suo incenso, spezie e legni bruciati mi piace ma non mi convince fino in fondo, Mure et Musc (che è uno dei suoi preferiti e potevo immaginarlo), e poi ho preso una sbandata per il meraviglioso Dzing! della Giacobetti. Insolito, eccitante come essere allo zoo (l’idea di base è proprio questa), e infilare la mano nella gabbia dei leoni –col cuore che batte forte per il gesto pericoloso. Dalla gabbia escono gli odori del pelo delle bestie e della paglia sporca, mentre l’elefante-star del circo si rotola nella sabbia poco lontano. Non pensavo che mi piacesse, l’ho provato per pura curiosità avendone sentito tanto parlare. E mi ha colpita al cuore per l’originalità, la visionarietà e la bravura dalla sua creatrice. Complimenti davvero, Giacobetti!
Poi abbiamo ho provato Dzonghka, che ci ha teletrasportati in un monastero del piccolo Stato del Bhutan, tra spezie estreme, fumi d’incenso e un fuoco di legna che arde nel freddo delle montagne dell’Himalaya. In realtà non ci sono mai stata in Bhutan, anche se mi piacerebbe da morire, ma quando un profumo si propone di parlare in una lingua diversa (Dzongka è il nome della lingua che parlano in Bhutan), e quella lingua si riesce a comprendere bene, se ne capiscono addirittura tutte le sfumature, è bene dirlo, perché significa che chi ha creato la fragranza ha fatto un buon lavoro. Poteva essere troppo pretenzioso, un esercizio intellettuale, invece mi è piaciuto anche questo, mi ha fatta vibrare.
Mio marito ha poi provato su di sé Bois d'Orient, che farebbe parte della linea per la casa, ma che sulla pelle lo ha fatto sospirare per la ricchezza delle spezie (cannella e chiodi di gofano) mischiate ai legni.
Anche qui c’è, in un vano a parte e protetta da un vetro, una collezione di antiche di scatole per cipria di tutte le marche, le storiche Caron, Guerlain, Shiseido, insieme a marche italiane e inglesi d’inizio ‘900. Certamente il contenuto era importante, ma già le scatole in sé sono oggetti stupendi. Quadrate, esagonali, tonde, smaltate, dipinte a mano, romantiche, raffinatissime, in stile Art Dèco, oppure con grafismi che sembrerebbero contemporanei e invece hanno oltre 50-60 anni. Mondo affascinante, quello delle ciprie.
Comunque, giusto per la cronaca, siamo usciti dall’Olfattorio sospirando, e pensando che dovremmo venirci almeno una volta al mese, per fare scorta di endorfine.

Commenti

ANDREAHF ha detto…
INDIRIZZO?
GRAZIE.
Unknown ha detto…
quante cose sto scoprendo... =)

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