Iperborea (Lorenzo Villoresi, 2010)

“Iperborea”.
Cioè “al di là di Borea”. Cioè, “oltre la zona dove soffia il vento freddo del nord”.
Cioè, là dove il freddo è stato sconfitto ed il clima è sempre mite, le pecore partoriscono i loro agnelli tre volte l’anno, e la terra generosa permette più raccolti. Là dove le messi sono così ricche che la frutta appassisce sugli alberi e decine di fiumi bagnano colline dolci e coperte di boschi rigogliosi. Il luogo sognato dagli antichi, Atlantide, l’isola dell’eterna primavera.
Quando Lorenzo Villoresi iniziò a parlare del suo nuovo profumo, oltre un anno fa, ero eccitatissima che avesse deciso di chiamarlo proprio Iperborea, riferimento colto e raffinato ad un luogo realmente esistito e perduto per sempre, di cui l’umanità ha sempre sentito grande nostalgia.
La storia primordiale delle popolazioni Mediterranee ed il mito di Atlantide (o Mu, Iperborea, Isola dei Feaci, Sardegna, i nomi dipendono soprattutto dal periodo storico) è un argomento che mi affascina da tempo, ho letto diversi libri serissimi e molto documentati (tra cui il monumentale “Le Colonne d’Ercole, un'inchiesta” del giornalista Sergio Frau, Urrà Edizioni), seguo alcuni blog e forum che parlano di argomenti connessi, e quindi questo profumo avevo pensato di conoscerlo ancor prima di averlo annusato. E mi sbagliavo, perchè quando poi l’ho sentito, ho fatto fatica a scorporarlo dalla “mia” personale idea di Iperborea. Mi chiedevo, perplessa: “Sì ma il mirto? Dov’è il mirto?” e rispondevo “Va bene, il mirto non c’è però il salino, l’onda di mare, il fatto che siamo su un’isola, quello si percepisce benissimo”. “Sì però manca la frutta”, “Sì però, quanti bei fiori bianchi ci sono! E anche la primavera si sente perfettamente, con la luce del sole brillante che illumina la composizione”. Sì, però...
Insomma, più lo annusavo, più non sapevo cosa pensarne.
Anche perché, insieme ad alcuni amici, avevamo potuto seguirlo in diverse fasi della sua lavorazione, quindi sapevo che la gestazione era stata lunga più di un anno. E, come in tutte le creazioni del Maestro Villoresi, ci dev’essere una visione intellettuale dietro, e uno studio lungo e ragionato.
Così, mi ci sono scontrata un bel po’, prima di decidere di sgombrare la mente da qualsiasi idea preconcetta, e sintonizzarmi semplicemente sulla voce del profumo, accogliendo quello che  racconta, senza cercare di intellettualizzare troppo.
E finalmente, mi si è acceso qualcosa. Ho visto una ragazza. Giovane, giovanissima, nella primavera della sua vita, quel periodo in cui ci sono solo promesse e tutto è già presente, in potenza. Lei ha una carnagione chiara e una figura delicata, ma dentro ha tutta la forza dei suoi sogni. La vedo mentre si prepara per uscire, raccoglie i capelli, si veste ma non si profuma -la sensualità, l’inebriarsi di sé stessa ancora non le interessa- ma si stende sulle mani e sul collo un velo di crema ai fiori bianchi, che le provoca un sorriso di piacere. Una crema dal profumo luminoso, discreto, fiorito di mughetto e ciclamino, con qualche tocco d’agrumi. Semplice, come lei.
Ecco, alla fine, di cosa parla questo profumo: “Iperborea” non è inteso come luogo fisico ma come periodo, la primavera di una donna, il momento in cui lei sta sbocciando, ma è pur sempre una via di mezzo tra quello che è stata e quello che sarà. Un momento commovente, delicato, intimo.

Il profumo in sè tende a rimanere piuttosto stabile nel tempo, senza particolare evoluzione, la sensazione generale rimane per tutto il tempo luminosamente poudrèe. Ho trovato interessante il fatto che, anche se sembra tutto giocato su delicatezza e innocenza, in realtà questo profumo possiede una buona proiezione spaziale e una durata di tutto rispetto. L’eterea evanescenza è poco più di un’illusione ottica, magistralmente creata dall’autore.

Qui il sito di Villoresi

Commenti

Andrea Mantova ha detto…
Onestamente mi aspettavo qualcosa di più da Villoresi...
Iperborea mi ha lasciato molto perplesso.
Una fragranza candida, floreale, quasi una versione della donna Teint de Neige in versione ragazzina, o peggio ancora (una ragazzina con poca personalità per mio parere). Leggendo le note della composizione la fragranza mi incuriosiva parecchio. Annusandola però posso dire che queste si percepiscono poco nitidamente nella composizione, è più un risultato d'insieme che, anche con un buon equilibrio olfattivo, assume un risultato un po' banale. Specialmente quel fondo molto saponoso di pulito che copre un po' tutto. Non vorrei essere blasfemo, ma a me (anche a molti clienti) sembra il profumo del Dove...
Questa è la mia personale opinione. Magari sto affrontando la fragranza in maniera sbagliata... Posso dire comunque che non mi ha emozionato.
Fatemi cambire idea...:-)
Marika Vecchiattini ha detto…
Ciao Andrea, ho sentito dire queste stesse cose da più parti.
E devo dire che anche io ci ho messo un pò a capire cosa l'autore volesse esprimere attraverso questa fragranza (ammesso che alla fine io ci abbia davvero capito qualcosa: magari l'autore non voleva scrivere quello che io ci ho letto).
Credo che questa perplessità sia dovuta principalmente al nome "Villoresi", che mi/ci porterebbe ad aspettarci fragranze con personalità complesse e intriganti, sensuali, con note raffinate e dotate di una certa "consistenza" olfattiva che le rende quasi vive.
Invece poi annusi questa e pensi "E Villoresi... dov'è?" In realtà, Iperborea condivide la stessa consistenza e presenza delle altre, e immagino che la sensazione pulizia/Dove sia voluta.
Anche io ho pensato che sia stata creata per le figlie delle mamme che indossano Teinte de Neige. Fanciulle che magari non indosserebbero mai una delle altre -troppo adulte e strutturate, troppo sensuali- ma che sono abituate a profumi di un certo tipo, e che fuori dalla nicchia non ci metterebbero piede.
Ci sento un'idea -molto intellettualizzata- di giovinezza e pulizia, come se la pulizia riguardasse anche l'interiorità.

Poi a livello di gusti, anche io sono più un tipo da "corruzione": la carnalità sussurrata di Alamut, o l'estasi sensuale di Dilmun sono molto più nelle mie corde...
Andrea Mantova ha detto…
Concordo pienamente con il tuo giudizio! A volte la diplomazia non rientra nelle mie corde.
E per rimanere sul tema della giovinezza e della pulizia... ultimamente mi sto divertendo a vendere Cuba, Dzing e Black Aoud tanto per rimanere sul genere!
E mi sto anche godendo addosso un Habit Rouge d'annata e un Encre Noire invece fresco fresco! Che meraviglia!

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