Orto Parisi: Viride e Bergamask (Alessandro Gualtieri, 2014)
Oggi
vi parlo di Viride, Stercus, Brutus, Boccanera e Bergamask, ovvero i
profumi di Orto Parisi, la nuova linea di Alessandro Gualtieri (sito qui). Ve ne
parlo perché li ho potuti indossare per bene e a lungo e, lo
dico subito, mi sono piaciuti per molte ragioni.
Se a qualcuno i nomi di questi profumi possono sembrare l'ennesima provocazione di Alessandro, io invece ci vedo la conferma del fatto che lui ha un'idea precisa della profumeria, un'idea che si discosta parecchio da quella innocua, tutta pulizia, caramelline alla frutta e muschi bianchi di molte fragranze industriali -e a volte anche artigianali. Lui ha il gusto per una sensualità intesa come qualcosa di primitivo, irrazionale e per niente addomesticato, e non ha paura di evocare umane "sporcizie" per arrivare allo scopo di comunicare quello che ha in mente. Alla fine, i compositori che hanno il coraggio di dar corpo alle proprie idee non sono poi molti... e quando ne trovo uno, di solito mi piace.
L'ispiratore
di Orto Parisi è Vincenzo Parisi, il nonno di Alessandro, che di
professione faceva l'agricoltore e viveva quindi a stretto contatto
con la Terra, i suoi riti e i suoi cicli stagionali, a cui si
collegano odori più sottili o pungenti, fioriti, pesanti, a
volte persino orribili. Sebbene questa vita contadina così ricca di
contrasti (poetica e concreta, bucolica e crudele) permei tutte
le fragranze, queste stanno perfettamente in piedi anche senza sapere
alcunché dell'ispirazione che le ha create, e questo è un altro
punto che trovo positivo.
L'impianto di Viride è quello di un fougère classico, con le note aromatiche e dolci che si bilanciano: fieno caldo (cumarina/eliotropina), una lavanda o lavandino (assoluta, direi), a cui fa da sottofondo qualche legno vero e sintetico che non so definire bene, ma che dà all'accordo fougère una base su cui sedersi. Come tutti i fougère l'evoluzione non è delle più articolate, la danza tra le due sensazioni dura in maniera piuttosto equilibrata qualche ora, e pian piano scivola verso la dolcezza e il poudrèe. Una fragranza molto classica, elegante, da papà rasato di fresco, camicia bianca stirata, pronto per la Messa della Domenica. Dopo tonnellate di "fougère moderni", che di fougère non hanno quasi più niente, finalmente una fragranza moderna ma fatta con tutti i crismi della tradizione. Alessandro sa essere moderno, istrionico, a volte dissacrante e tutto il resto, ma la bellezza dei classici la conosce e la ama e i profumi li sa fare benissimo anche alla vecchia maniera, se serve.
Se a qualcuno i nomi di questi profumi possono sembrare l'ennesima provocazione di Alessandro, io invece ci vedo la conferma del fatto che lui ha un'idea precisa della profumeria, un'idea che si discosta parecchio da quella innocua, tutta pulizia, caramelline alla frutta e muschi bianchi di molte fragranze industriali -e a volte anche artigianali. Lui ha il gusto per una sensualità intesa come qualcosa di primitivo, irrazionale e per niente addomesticato, e non ha paura di evocare umane "sporcizie" per arrivare allo scopo di comunicare quello che ha in mente. Alla fine, i compositori che hanno il coraggio di dar corpo alle proprie idee non sono poi molti... e quando ne trovo uno, di solito mi piace.
Inizierei
a parlarvi delle due che ho amato di più: Viride e Bergamask, che
rappresentano gli opposti: il classico più rassicurante e la
fragranza più audace.
L'impianto di Viride è quello di un fougère classico, con le note aromatiche e dolci che si bilanciano: fieno caldo (cumarina/eliotropina), una lavanda o lavandino (assoluta, direi), a cui fa da sottofondo qualche legno vero e sintetico che non so definire bene, ma che dà all'accordo fougère una base su cui sedersi. Come tutti i fougère l'evoluzione non è delle più articolate, la danza tra le due sensazioni dura in maniera piuttosto equilibrata qualche ora, e pian piano scivola verso la dolcezza e il poudrèe. Una fragranza molto classica, elegante, da papà rasato di fresco, camicia bianca stirata, pronto per la Messa della Domenica. Dopo tonnellate di "fougère moderni", che di fougère non hanno quasi più niente, finalmente una fragranza moderna ma fatta con tutti i crismi della tradizione. Alessandro sa essere moderno, istrionico, a volte dissacrante e tutto il resto, ma la bellezza dei classici la conosce e la ama e i profumi li sa fare benissimo anche alla vecchia maniera, se serve.
Bergamask
è invece una fragranza di un coraggio esagerato: ci voleva
Alessandro per caricare d'indolo una fragranza a quel modo, e
riuscire a farne qualcosa di indossabile e interessante. L'indolo
viene usato moltissimo in profumeria: è il responsabile di quella
sensazione "sporchetta", muschiata e sensuale di calore
umano, che a volte hanno anche certi gelsomini o rose nel momento in
cui sono mezzi marci e stanno esalando l'ultimo respiro. Ma non viene
dichiarato e comunque, la sua parte più "greve" a volte
viene coperta in qualche modo. Qui invece questa nota sensuale,
sporca, terrena, viene portata in trionfo dalla nota a lui più
distante: un freschissimo e dolce bergamotto estivo. Sospetto anche
la presenza di qualche insolita nota alcolica, come etere di rum o
qualcosa di simile. Anche perché in una festa campestre
(l'ispirazione di questo profumo), frutta, alcol e sudore (si sa, si
balla a perdifiato), sono assolutamente coerenti. L'insieme risulta
intenso e pungente, diverso dal solito e molto coinvolgente. Io lo
indosso con puro divertimento, e ho ricevuto anche diversi
complimenti. Questo va indossato a pelle, non pensate di capirlo
annusandolo sulla carta, perchè vi perdereste qualcosa.
(continua qui)
(continua qui)
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